Rassegna Stampa

Giugno 2003

Dopo il vino un’altro amore l’olio d’oliva

da “La Nazione”

Tra le tante attività, Luigi Veronelli annovera anche la creazione di una casa editrice, che edita il bimestrale “Veronelli Ex Vinis”


Maestro Veronelli, come ha cominciato la sua carriera di giornalista enogastronomico?
“La prego, non mi chiami “maestro”. Non ho mai insegnato niente, tutt’altro; senza le migliaia e migliaia di contadini in giro per l’Italia a trasmettermi la loro saggezza e la passione per la terra, non sarei riuscito a diventare nessuno in questo campo. Ho seguito studi classici e di filosofia all’Università di Milano, dove nel 1956 ho pubblicato le prime tre riviste, tra cui “Il Gastronomo” libello filosofico-gastronomico. Poi l’attività di eno-gastronomo fu suggellata dall’incontro con Luigi Carnicina, maitre di fama e bravura leggendaria, dove mi sono formato alla sua scuola per più di 10 anni.”

Per quante riviste, settimanali e quotidiani ha collaborato durante la sua carriera?
“Tante, tantissime. Cito a memoria “il Giorno” che è stata la prima grande testata per cui ho collaborato per oltre 20 anni, da allora a oggi sono passato per “Panorama”, “Epoca”, “Amica”, “Capital”, “L’espresso”, “Sorrisi e Canzoni TV”, più le straniere “Wine Spectator”, “Decanter”, “Gran Riserva”, ecc.

Quando comincia a fare televisione?
“nel 1979 per lanciare il terzo canale RAI, nacque “Viaggio sentimentale nell’Italia dei Vini”, un aggiornamento provocatorio e di denuncia della viticoltura italiana.”

Sappiamo che oggi ha creato una casa editrice, in cui oltre alle guide dei ristoranti, dei vini e degli alberghi, edita un bimestrale eno-gastronomico: “Veronelli Ex Vinis”, ma dove trova tutta questa energia?
“Devo ringraziare tutti i miei collaboratori che in questi anni hanno reso possibile il mio lavoro, ma soprattutto la missione di portare la conoscenza di tutti, la nostra Patria, Patria è ciò che si conosce e si capisce. Ecco qual è la mia forza.”

Ci del suo ultimo amore, l’olio d’oliva.
“Veramente se proprio vogliamo chiamarli amori, sono due, oltre all’olio vi è la De . Co Denominazione Comunale, in cui tutti i bravi ed onesti contadini, possono riconoscere tutelando il prodotto della propria terra. Ma in questo momento preferisco parlare di olio d’oliva, quello veramente extravergine, fatto da oliandoli che hanno olivi e che non devono, costretti dalla mancata remunerazione del prodotto, svendere i loro olio a chi poi li immetterà sul mercato raffinato e deodorato.”

Mi parli del suo manifesto in progress.
“Raccolta manuale dell’oliva per monocultivar all’inizio dell’invaiatura e frangitura entro quattro ore, di modo che l’oliva non subisca quel processo di ossidazione che ne danneggia tutte le peculiarità salutistiche. In Italia esistono oltre 500 tipi diversi di monocultivars, dal Lago di Garda alla Sicilia, 230 di queste sono già in produzione, se solo si cominciasse a fare la differenza tra le varie tipologie di oli e si frangesse in maniera corretta, mantenendo poi l’olio appena estratto sotto azoto avremmo dei prodotti di qualità eccelsa per un periodo molto più lungo dell’attuale. E’ innanzitutto una scelta elettiva e filosofica del produttore per differenziarsi e differenziare i propri oli dell’attuale crisi d’identità in cui si trova.”

Lei parla anche di oli denocciolati, qual è la differenza con gli altri oli?
“Siamo stati affiancati in questo percorso da un istituto di ricerca agro-biologico della Basilicata; “Metapontum Agrobios”, che in
questo percorso ha analizzato gli oli delle aziende aderenti al nostro progetto, il risultato è strabiliante per la nettezza dei sapori e degli aromi che ne scaturiscono, in più abbiamo una conservazione superiore di polifenoli, che sono una manna per il nostro organismo. I produttori che aderiscono al progetto scopriranno un olio “diverso” da quello solitamente franto, per gusto, aromi e sensazioni, perfette per essere abbinate ai piatti della propria tradizione ed anche in cucina. A noi preme far capire che ai nostri olivicoltori, (oltre un milione in Italia) n.d.r., avrebbero la possibilità di scoprire nuovi profumi e nuove peculiarità, se solo si differenziasse la cultivar della campagna. Capire la propria terra per tipologia di olive, per poi eseguire un blend più adatto da proporre al consumatore finale.

Quindi si assisterebbe allo stesso passaggio che ha avuto il vino?
“esattamente lo stesso “L’olio come il Vino, l’olivo come la vite”, ecco perché noi siamo convinti che creando un mondo nuovo, chiunque abbia questo stimolo, sarà incuriosito a provare questa nuova metologia.”

Continua a parlare al plurale, è stato affiancato da qualche collaboratore nel suo percorso?
“Senza l’aiuto del maggior oleologo che abbia mai conosciuto, Roberto Scopo, probabilmente non sarei riuscito nel mio intento. E’ grazie all’opera di uomini come lui, che per anni si sono dedicati a capire e conoscere il mondo dell’olio d’oliva, che oggi siamo qui, felici di raccontarle questa nuova filosofia di produzione dell’olio extravergine d’oliva.”

Per ultimo; che cosa pensa di questo mondo che va sempre più velocemente verso la globalizzazione e la massificazione dei prodotti eno-gastronomici?
“La terra ti dà quello che tu chiedi, basta che sia fatto con rispetto e con amore. Spero che si arrivi ad un momento dove l’uomo sarà costretto a rallentare questa folle corsa che sta facendo verso il niente, e capisca che solo l’onestà e la passione per il proprio lavoro, lo potrà ripagare di tanta fatica.