Edizioni Veronelli

Dicembre 2001

La parola. Sirio Maccioni, Mirko Tremaglia, l’olio.

Edizioni Veronelli n° 62, Mark Tibaldi

L’Italia. E’ la patria di ciascuno di noi. Di più - patria, dico - se, oltre ad esserci nati, l’abbiamo percorsa, conosciuta e capita.
L’amor patrio non è quello che ci hanno raccontato per troppo tempo - e ancora si continua - sui banchi di scuola, basato sui fatti di una storia pressoché tutta acritica nell’esaltazione di guerre e di sangue, bensì quello che fa riferimento alla storia reale di ciascuno dei luoghi, dei loro cittadini, delle loro sofferenze, della bellezza, della cultura, del lavoro, dei prodotti d’ogni singolo campo.
Ecco la ragione per cui mi colloco tra i pochi - in questi anni di sangue, di scandali e di brutture - meritevoli del titolo di patriota.
Ho il massimo rispetto per ogni idea nei limiti etici e stimo, come Pierpaolo Pasolini, i poliziotti e i carabinieri che agiscono per proteggere la libertà e gli altri valori ideali, mentre disprezzo quelli tra loro - m’auguro sempre più pochi - che usano la violenza.
La sera di lunedì 12 agosto è stata tra le più belle della mia vita, anche se ha avuto un’interruzione di cui non so non dire.
E’ scritto su “Il Tirreno” del 14 agosto con titolo “Tutti da Sirio i «signori della cucina»”:
«Montecatini. Per una sera la grande ristorazione si è fermata. I signori della cucina italiana, stellati dalla Michelin o superpremiati dalle altre guide, hanno lasciato fornelli e sale per trasformarsi in ospiti-amici del più grande imprenditore della ristorazione di qualità. Tutti a tavola a casa di Sirio Maccioni, montecatinese che a New York ha costruito il mito di Le Cirque - ora con le filiazioni di Le Cirque 2000 e “appendici” a Las Vegas e Mexico City - e che ogni estate torna nella città natale per ritrovare amici ma anche sapori della propria terra. Così, la cena di mezza estate, ormai un rito, diventa l’occasione per ritrovarsi con tanti colleghi ma anche per sperimentare qualcosa di nuovo in un clima familiare. Ai fornelli dell’immensa cucina di casa si è messo Pierre Schaebelin, alsaziano di 34 anni, nuovo chef di Le Cirque 2000, affiancato dal pasticcere Jacopo Falai e da un’allegra brigata della famiglia Maccioni. E Schaebelin, al debutto in società, ha fatto vedere ad un parterre di stelle della ristorazione la sua interpretazione della cucina toscana arricchita dalle aragoste del Maine e dal Blue Angus arrivati direttamente dagli States.
Dopo i salumi molto toscani della macelleria da Giacomo di Monsummano Terme, Schaebelin ha proposto dei semplici ravioli al burro, quindi una sofisticata zuppa di pesce con zafferano per poi approdare ai sapori forti della trippa toscana e chiudere con uno straordianrio Blue Angus con i fagioli bianchi. Quindi spazio ad uno stupendo semifreddo e ai bomboloni.
Insomma, un gioco di semplicità e complessità che ha entusiasmato i mega chef italiani: da Antonio Santini, tre stelle Michelin con il suo Pescatore di Canneto sull’Oglio al grande Fulvio Pierangelini con signora del Gambero Rosso di San Vincenzo, da Romano Tamani dell’Ambasciata di Quistello a Gianluigi Morini e Valentino Marcatillii del San Domenico di Imola, da Aimo Moroni del milanese Aimo e Nadia a Enrico Werdingler dell’Eden di Roma; e poi i signori della ristorazione toscana come Lorenzo Viani di Forte dei Marmi, Romano Franceschini di Viareggio, Sauro Brunicardi della Mora di Ponte a Moriano.
Ma alla corte di Sirio Maccioni sono venuti anche imprenditori, banchieri, il ministro per gli italiani all’estero Mirko Tremaglia, il re dei pr Gianni Mercatali, l’ex golden boy del calcio italiano, ora parlamentare italiano, Gianni Rivera e padre Eligio. A benedire tutti, visto che di tavola si trattava, c’era il guru del vino italiano, Luigi Veronelli. Anche lui stregato dall’ospitalità dei Maccioni». deciso, com’è nella sua natura, a non porre contrasti ad un governo che ha iniziato da un anno la sua attività l cronista non dice - e ne aveva del tutto ragione - della interruzione. Quasi al termine della cena, davvero sontuosa, Sirio - da anni lo dico massimo fra i patrons della cucina mondiale, quindi è addirittura un imperatore più che un re - ha fatto a ciascun tavolo un pronunciamento, certo breve ed affettuoso. L’ha fatto anche al mio - sedevo tra Gianni Rivera e Laura, moglie sozciel, e, avanti a me, Peligio, amato per la vita che ha donato a centinaia di ragazzi - e concluso con un invito, e che deve dimostrare la capacità in favore d’Italia.
Per qualche attimo mi sono sentito sgomento, avevo già scelto di rivolgere un piropo, ad alta voce, a quell’Amico che ha dato alla sua patria, in una città così difficile e competitiva come New York, motivi di orgoglio. Ora lo sgomento di dover tacere, da che ero in casa sua, tra tanta gente.
Ho detto, invece, a Sirio - ripeto: dopo attimi di sgomento - tutta la mia ammirazione per la sua opera; ahimè, anche il dissenso. Per la prima volta avevo dovuto segnare - come succede nei vini più grandi ed amati - una cadenza. Proprio il rispetto che dobbiamo ai fatti che si riferiscono alla nostra italianità deve costringerci ad esprimere, con la massima determinazione, l’opposizione a governanti che operano contro la nostra patria espressa attraverso il lavoro, la libertà e gli altri valori ideali. Sirio agì, da quel grande signore che è, con un amichevole tour de mots. tutto finito lì?
No, che c’era tra i convitati Mirko Tremaglia, ministro degli italiani all’estero. Un bergamasco di 2/3 anni maggiore di me, anche se pare più giovane. Seppe non intervenire.
Il giorno dopo Roberto Scopo aveva fissato - con la sua sorprendente capacità di entrare in amicizia - un incontro con Alberto Resnini, che ospitava il ministro per alcuni giorni di riposo. Si era detto interessato ad un incontro sui problemi dell’olio d’oliva.
La sera dopo eravamo da lui ai Ronchi del Forte, una persona che so corretta da anni, malgrado una sua scelta, a mio parere sbagliatissima, della gioventù e la militanza in uno dei partiti di destra. Subito mi rimproverò la mia affermazione di anarchia e d’odio per la politica. Gli dissi che - del tutto inconsapevole della sua presenza - avevo espresso ad alcuni amici di vita le mie opinioni libere.
Si discusse poco di olio. Il ministro aveva la più ampia delle giustificazioni: durante più di un’ora fu costretto a trattare i fatti della liberazione (poi andata a buon fine, certo, merito anche suo) della bimba italiana sequestrata in Siria dal padre.
Gli fu lasciata però la cassetta della trasmissione di Report, 11 marzo, e lui diede la sua parola, davanti agli amici Resnini e alla sua Signora - lo considero una persona che la mantiene, la parola - di visionarla.
Ora sono in attesa - attraverso Roberto Scopo - di sapere cosa ne pensa e che posizione prenderà nei confronti di un ministro, Giovanni Alemanno, del suo stesso partito, Alleanza Nazionale, da lui ammiratissimo. Durante la trasmissione quel suo ministro ammirato si comportò in modo indegno.
Scrivo queste note il 30 agosto e tutto tace. Dover considerare Mirko Tremaglia un mancatore di parola mi rattrista molto. Avevo conosciuto il figlio Marzio, un giovane fuggito tra gli dei e - ripeto - ne stimo (ne stimavo?) il padre.