Dossier

Dicembre 2001

Doveva essere scritto

Edizioni Veronelli n° 62, Giuseppe Mazzocolin

Caro Gino,
non mi meraviglia l’entusiasmo e il generale consenso suscitati dal tuo “Manifesto in progress per una nuova cultura dell’olio”. Un legislatore attento ne potrebbe adottare lo spirito e la lettera e già avremmo, finalmente, una legge sulla produzione dell’olio di oliva, magari una legge “in progress” (cioè perfettibile) come sempre dovrebbe essere qualsiasi legge nella vita di un parlamento. Non è questo però il punto. Quello che trovo davvero significativo e importante per me è il contenuto civile e “politico” nel senso più alto che anima la scrittura di questo testo. Quando l’utopia produce realtà, si intravede
l’adempimento. Nord e Sud si riscoprono, il Friuli e la Calabria trovano affinità elettive, gli agricoltori del Salento lavorano in consonanza con quelli del Garda. Perfino il commerciante si fa interprete culturale come nei tempi più lontani. Incredibile. Si abbandonano antichi pregiudizi, gli italiani ritrovano le loro radici comuni, l’appartenenza ad una terra. Non basta. L’Italia, la terra italiana, si fa ponte di comunicazione tra l’Europa del Nord e tutto il bacino del Mediterraneo, che nella società globalizzata diventa centro di irradiazione culturale. Profezia? E’ molto probabile che si tratti proprio di questo. Preannuncio di qualcosa che deve compiersi. Se gli italiani nelle scuole e nelle università, ma anche nelle botteghe o nelle cucine di casa, leggono questo “Manifesto... “, non possono non accorgersene. Bastano le prime parole dell’esordio: “Ciascuno avverte. È in corso un epocale mutamento sociale. Coinvolge a pieno l’agricoltura, il divenire, per molti aspetti rivoluzionario, del comparto olio di oliva è già iniziato”, I contenuti del progetto (“il nuovo paradigma”) non nascono da un solo uomo ispirato, ma da “un dibattito continuo e rigoroso e dal confronto fondante di una agguerrita avanguardia di persone... “. C’è una cadenza quasi musicale che stabilisce un “largo” alla sinfonia e raggiunge il cuore e la mente di chi ascolta. Si può leggere, meditare ogni singola parola, respirare liberamente. Le comunicazioni solo tecniche mai lo consentono. “Un passo alla volta: nell’ultimo giro d’anno si è verificata quella che si potrebbe chiamare, mutando il linguaggio dalla filosofia della scienza... “ e poi “Il mutamento del mercato, di giorno in giorno più giovane e selettivo, impone la frangitura per cultivar” e ancora “il calcolo è davvero emozionante: milioni di posti di lavoro non politici, capaci di dare a quelle regioni, fino ad oggi così disagiate, un immediato, forte e reale benessere, superiore - essì amici miei, superiore - aquello ‘flessibile’ delle industrie delle regioni del Nord”. La coscienza liberamente accoglie il tema principale e lo fa proprio per non dimenticarlo più: “L’olio come il vino. L’olivo come la vite”. È così che un tema apparentemente settoriale acquista significati universali cui ciascuno è chiamato a corrispondere. Quando i verbi si coniugano al futuro, come in questo tuo scritto, vuol dire che si pensa con amore e intelligenza alle sorti della propria terra, della “nostra patria”. Ho pensato ai grandi meridionalisti come Giustino Fortunato, al coinvolgimento civile di uomini come Gaetano Salvemini e Umberto Zanotti Bianco. Nel nostro tempo così terribile ma anche così gravido di possibilità creative e di sviluppo, l’ardore patriottico, affrancato da ogni retorica, non è separazione, è appassionato riconoscimento di una identità culturale. Con esse si afferma un’esigenza espressiva comune di “qualità” e di “gusto”. Sono due parole che emergono da una frase che trovo particolarmente suggestiva: “un mondo nuovo con la cognizione della qualità e del gusto”. Se questo è vero per chiunque lavori all’affermazione di quel mondo, allora vuol dire che il “Manifesto in progress...” doveva essere scritto. Di questo ti volevo ringraziare anche da parte di Gloria. Un abbraccio.


Ricordi, amico lettor mio, amica mia paritaria?
Ho ceduto l’editoriale di EV 61 a Ettore Mancini. Così significativi il suo racconto e la memoria, così capaci di portar oltre i problemi reali della nostra agricoltura. Ciascuno che mi conosca immagina quanto io sia geloso di questo spazio che precede i messaggi - ma sì - di ciascuno dei miei Collaboratori, diversi e su argomenti diversi, tutti mirati - in questo mondo orrorizzato e orrorizzante - a sottolineare la priorità dell’agricoltura per il ritorno dell’uomo a condizioni civili. Per la seconda volta un Collaboratore - Beppe Mazzocolìn, a onor del vero, è uno dei vignaioli più preparati e amanti (alcuni suoi cru sono ai vertici delle classifiche - mie e mondiali - il Fontalloro, il Chianti Classico Riserva Rancia, I Sistri, Maestro Raro, il Nero di Nubi... della sua Fattoria di Felsina in Castelnuovo Berardenga) - mi ha sottratto per la chiarezza e il valore del suo dire - una emozionante esegesi del mio “Manifesto in progress per l’olio di oliva” - l’Editoriale. Contro ogni gelosia gli dico: grazie!
Un grazie che è anche - raccolto il parere di ciascuno che ha potuto leggerlo in bozze - dei Lettori