Edizioni Veronelli

February 2003

Le intimità dell’olio 2

Edizioni Veronelli n° 69, Fernando Pardini

“Ghè sent che parlà bé / ma nu dis gnént / e otrå ch’è miå bunå de parlà. / Nel có, empresunà / mé gó ‘n merlét / ma nusü m’à ‘nsegnà / a ricamà.” (Merlét - Oliva Brancoli - Ed. Grafo- Brescia)

(“C’è gente che parla bene/ ma non dice niente/ e altra incapace di parlare. / Nella testa, imprigionato/ io ho un merletto/ ma nessuno mi ha insegnato/ a ricamare”.)


Oliva è una donna, prima che poetessa una donna. Sente tutto il peso della vita di provincia, di una vita lottata e mai avuta a credito, eppure sa cogliere con naturale partecipazione la dignità, la forza, la sensibilità e il sentimento che attengono forse soltanto alle persone semplici, che da quella vita hanno ricevuto la tempra.
Oliva si esprime - da poetessa - solo e soltanto in dialetto gardesano (di Pozzolengo per la precisione), una lingua amata e posseduta, studiata e diffusa con rispetto e musicalità. Non ho trattenuto la commozione nel sentirla recitare questa poesia. Immediata l’immedesimazione.
Quella sera, per sviare attenzioni e confondere tracce- tanta gente attorno - mi sono rifugiato, una volta di più, negli effluvi erbacei e confortevoli di un Groppello d’annata. Non ho dimenticato. L’emozione è rimasta.
Ecco, di fronte agli oli nuovi del mondo nuovo mi sento di avere un merletto in testa, e la voglia - non ancora la capacità - di imparare a ricamare. Impotenza e sogno, determinazione e giustezza, questo è. Vi stavo raccontando, la volta scorsa, dei leccini. Non ho finito. Restiamo in Toscana. Il Leccino 2001 di Podere Forte, da Castiglione d’Orcia, è verde mentolato, oserei dire alpestre.
Enorme la fusione al naso, ch’è naso di lunga scia, pacatamente ma determinatamente intenso ed insistente, elegante e sfumato, a ricordar le aromatiche intimità del timo e della clorofilla. Il suo palato è palato di orgogliosa progressione, con un’entrata morbida e densa che si fa trascinante sul cammino, quando sottile e silenzioso esplode di vita e pungenza, pur rammentandosi della mai arrogante sensibilità leccina.
Giocato maggiormente sulla rarefazione e sulle sfumature timbriche, il Leccino 2001 di Fonte di Foiano, da Castagneto Carducci, alla sua base verde leggermente appannata fa corrispondere un impianto aromatico fresco e sul frutto, tutto foglie e velo di carciofo, poi mandorla dolce, di degna persistenza.
Bella la densità gustativa; lì sa diffondersi con continuità e con giusto crescendo. C’è un afflato di gentile e mai smaccata pungenza sul fi l’aria ed il tepore tornano le aggraziate aromaticità che ho percepito nel Comincioli di pari annata, sia pur su quadro sensibilmente più introverso e lineare. Gioca sul sottile, sulla dolcezza e sul tatto. Ne percepisco appieno la soavità e la delicatezza, la bella speranza e l’orizzonte, ioidico, della costa sua tirrenica.
Dall’Umbria verde di Città della Pieve mi arriva il verde bellissimo, chiaro e lucente, del Leccino 2001 de Il Monte, che prelude ad un naso raffinato e soffuso, di sensibile, sfumata esposizione, con il cuore puro del carciofo che pulsa e la nocciola che riscalda.
C’è umor di selva nei dintorni, e fior di camomilla, persino cacao. La trama di bocca è densa e rigorosa, marcata dalla frutta secca e dal mallo, caratterizzata da una progressiva, leggibile, montata pungente sul finale - pur sempre una carezza - e da una sostanziale, sincera dignità amaricante, ciò che ne rende la sostanza austera e “maschia”.
Da sud, da molto più a sud, come dire da Lama, in provincia di Taranto, mi arriva il Leccino 2001 di Pezza della Pigna e qui davvero l’essenza della cultivar si tramuta in soffio ed introversione, in timido e carezzevole richiamo. Da meditazione attenta per la sua intima fragilità e per gli umori sottili che nasconde, gioca in profondità con delicatezza infantile ed equilibrismi da incantesimo: macerazione di fiori gialli, nuances di agrumi, ginestra, nocciola. Con l’aria e l’ossigeno se ne escono fruscii odorosi di timo poi, struggenti e lontani, di anice stellato. Olio che mi par di sciuparlo al solo pensarlo aggredito da pietanze inadatte al tatto e alla delicatezza che - a lui sì - appartengono.

Certo che variazioni, che accenti e che letture diverse per un unico figlio! Un tentativo carpirne all’impronta le intimità sottese. Della sostanziale solidità e riconoscibilità della matrice toscana ne son certo però: é piena, sensuale e coinvolgente se delle terre forti senesi, calda e schietta se maremmana, delicata e marinara se dei lidi castagnetani; poi, verso nord, incontri la personalità solista e bellamente spiazzante del Garda bresciano, mentre ti senti di riaffermare la delicatezza e la tiepidità se ti porti sull’altra sponda, veneto-gardesana; inoltre, dall’Umbria hai la scorza e la terra, dalla Puglia il whisper (non sono un amante delle anglofonie a tutti i costi, ma è la parola che più si sposa, anche musicalmente, a quell’olio). Su tutto, la natura sensibile e sfumata della cultivar, capace, una volta liquida, di carezze, mai di pugni. Propensa ad esprimere la suadenza del frutto suo precoce, resta un’anima gentile e una voce sibilante.

Passando ai moraiolo, vorrei iniziare da Pian di Scò,

nell’aretino, dalla Fattoria Casamora per la precisione. Il Moraiolo Regale 2001 si veste oggi di un verde intenso screziato da rapidi, luminosi barlumi gialli. Se ti accosti ti accorgi subito di quel suo manifestarsi sfumato, rotondo, pacato e raffinato: basilare l’umore erbaceo così come l’essenza verde dello spinacio.
Al palato la differenza sta nel volume, nella densità tattile, superba; la diffusione si fa carezzevole. Sulle labbra, sensibile la striscia cremosa che ti lascia mentre nel finale ne apprezzi la lodevole concentrazione fruttata, la lieve pungenza e la frutta secca tutt’intorno.
Devo fermare il racconto. Vi lascio però con due autentici coup de coeur, entrambi umbri. Il primo, Moraiolo 2001 de Le Balze, da Paciano, provincia di Perugia, ha un naso travolgente per fascino infuso, echeggiante ed ammaliante, fresco ed ammiccante, stuzzicante e indimenticabile nei richiami suoi di maggiorana e rosmarino, di pepe bianco e fiori di campo. Palato morbido, fuso, progressivo, continuo e leggiadro fino al lungo finale amaricante. È questo un olio extra-coinvolgente, meditabondo e sognatore, da bramare ancora e ancora.
Il secondo, da Spoleto, Moraiolo 2001 da Villa della Genga, si diffonde maturo e deciso senza dimenticarsi affatto delle sfumature e della espressività, che intendi a piene nari nelle note di felce, erbette di campo, mandorla dolce, finocchietto selvatico e sedano.
Bella l’invasione palatale: c’è austerità, orgoglio e carattere. Dispensa succo e finale in crescendo, saporito, pieno, di una piacevolezza anche qui amaricante.
Molto, molto lungo il sospiro oleico, al punto da assumere doti di solista ed orchestra insieme.
A ben pensare, in certi casi, i ricami si fanno ipnotici ed irresistibili come un macramè.
A ben pensare, i ricami che sento - e che non conosco - abbisognano, da ciascuno che ami davvero la terra, di studio, attenzione, dedizione e curiosità.
Tutti, amanti della terra ed anime salve, quali apprendisti e manovali, li vorrei sinceri ed appassionati a scuola di ricamo.
Questo il sogno, o il mondo nuovo.

Assaggi effettuati nel mese di dicembre 2002