Dossier

September 2001

Corrispondenza pubblica e violata. Lettera di Luigi Veronelli a Vittorio Sgarbi

Edizioni Veronelli n° 60

Bergamo, 3 luglio 2001

Caro Vittorio, se hai tempo, leggi il mio invito ai Beni Culturali di Milano e al Sindaco di Sirmione per il recupero dell’oliveto di Catullo (Corriere della Sera, domenica 17 giugno 2001). Non dubito che tu lo conosca. Conto quindi sul tuo intervento. Ti abbraccio

O tu, mio cuore. Non più a Milano ove fosti per la cognizione della giovinezza e del contendere; e non a Bergamo, città dell’esodo, sei a Sirmione. Ti sei staccato da me che camminavo - primi di gennaio, punta estrema verso il Nord nei Lago di Garda - l’oliveto di Catullo. Ti sei, forse, impigliato in un ramo. O, addirittura, ne sei divenuto un pollone?
Oggi io sono solo occhi (stanchi), cervello vivido, poco altro. Il piede destro è gelato, gromma di una frattura durante l’ultima mia partita “a foot-ball”.
Grazziaddeo il cuore continua a condizionare, come voleva Aristotele, il cervello ed ora voglio il recupero di quell’oliveto, 20.000 metri quadri, in prevalenza rocciosi, sulla punta estrema dell’incantata penisola appartenuta alla famiglia veronese dell’amoroso poeta. 2.000 olivi plurisecolari e abbandonati.
Ho scritto al Sindaco di Sirmione (che ha già “guarito” circa 500 antiche piante dell’enorme giardino comunale, olivetato); e al Sovrintendente delle Belle Arti “milanese”. E proposto una famiglia per la direziono dei lavori. Domenico e Sergio Perdini sono famosi per la cosiddetta slupatura, tecnica che consiste nel liberare il tronco dell’olivo dalle parti morte, così da mandare più linfa in quelle vitali.
Le piante anche plurisecolari - un miracolo - rientrano nella vita vegetativa in 2/3 anni. Di nuovo possenti, gli olivi daranno olive di eccelsa qualità. Raccolte in lieve anticipo, selezionate secondo cultivar, snocciolate, e frante subito al momento, senza lasciar passare neppure un’ora dalla raccolta, ci offriranno oli da primato.
Oltre all’olio, Sirmione ha i limoni, vero e proprio giacimento gastronomico, e alcuni ristoranti della mia predilezione: La Rucola, vicolo Strentelle, per la vellutata di zucca, gocce di ricotta e coda di scampo; i Signori, via Romagnoli, per i ravioli di lavarello alla maggiorana; la Vecchia Lugana, in località Lugana, per le anguille alla griglia gardesana; e il Lugana, nella stessa località... lo gestisce la famiglia Dal Cero, una famiglia contadina, a me carissima, cui è dovuto uno dei cru d’eccellenza, il Brolettino (l’annata 1997 mi ha - letterale - inginocchiato); ci ho mangiato tutta una serie di piatti piuttosto creativi e lacustri. Della denominazione Lugana amo, oltre il Brolettino, il Corte Tosini, da cui mi attendo creature complesse, capaci di lunghe e concettose provocazioni.

A) Bene. Stanno arrivando i primi commenti al Manifesto in progress, per una nuova cultura dell’olio d’oliva. Vorremmo che tutti gli oliandoli, olivicoltori, appassionati ci facessero avere le proprie considerazioni, critiche, aggiunte. Il Manifesto è in progress proprio per questo , per accogliere sollecitazioni e provocare dibattito.
Su EV 6l daremo ampio spazio a questi contributi.

B) Un consiglio: la lettura, della parte dedicata all’olio d’oliva almeno, di l’arte dell’agricoltura, libro rigoroso e incredibilmente contemporaneo, di Columella. Lo scrittore latino (sec. I d.C.), che portava avanti l’idea dell’agricoltura come disciplina morale, individua dei principi di raccolta e di frangitura più avanzati di quelli in uso da molte aziende odierne (raccolta a mano nel momento dell’invaiatura, spremitura immediata e soffice - senza rompere il nocciolo, filtrazione...).

C). Del Manifesto in progress si è parlato anche a Kitchen, la trasmissione di Andrea Pezzi su MTV.
Sollecitato dal curioso conduttore. Veronelli, con la solita chiarezza, ha esposto le tesi del lavoro di ricerca e enunciato legislatori e multinazionali...

D) Nei prossimi mesi, chiederemo ai nuovi parlamentari e al nuovo governo il proprio programma per risolvere i problemi del comparto olio e dell’agricoltura... staremo a vedere.

E) “Si potrà chiamare olio italiano solo quello franto da olive italiane”, questo sembra l’impegno preso dalla Comunità Europea... sarebbe un piccolo passo avanti, anche se non basta. Continuare a consumare, per fare unesempio, olio d’oliva del “Garda” franto da olive calabresi, rimarrebbe una beffa... anche qui, staremo a vedere. (M.T.)